+ Dal Vangelo secondo Matteo
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Se il tuo fratello commetterà una colpa contro di te, va’ e ammoniscilo fra te e lui solo; se ti ascolterà, avrai guadagnato il tuo fratello; se non ascolterà, prendi ancora con te una o due persone, perché ogni cosa sia risolta sulla parola di due o tre testimoni. Se poi non ascolterà costoro, dillo alla comunità; e se non ascolterà neanche la comunità, sia per te come il pagano e il pubblicano. In verità io vi dico: tutto quello che legherete sulla terra sarà legato in cielo, e tutto quello che scioglierete sulla terra sarà sciolto in cielo. In verità io vi dico ancora: se due di voi sulla terra si metteranno d’accordo per chiedere qualunque cosa, il Padre mio che è nei cieli gliela concederà. Perché dove sono due o tre riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro».
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Se il tuo fratello |
È un brano complesso e delicato che Matteo colloca tra la parabola della pecora smarrita, che esprime l’atteggiamento nei confronti di chi si perde, e il colloquio con Pietro sul perdono fino a settanta volte sette nei casi delle offese personali. Siamo dunque all’interno di una sezione in cui l’Evangelista affronta il problema del male, del peccato, della cattiveria umana nella comunità ecclesiale e sociale.
Ci scandalizziamo del male nella sua manifestazione evidente, nel suo abbrutimento senza misura, cerchiamo affannosamente i colpevoli là dove sono evidenti la manifestazione e gli abbrutimenti. Ce ne rendiamo conto in questi tempi per le notizie dai campi di guerra, dalle strade, ma anche dal segreto degli appartamenti della porta accanto: nessuno è risparmiato neanche moglie e figli.
Vorremmo scaricandocelo di dosso, questo male, perché lo immaginiamo “altro” da noi. La ricerca del colpevole e non delle motivazioni funziona da “scarico” delle responsabilità ed il costante riproporsi del male. L’abbrutimento purtroppo si nasconde nel profondo di un mondo sempre più egoista, egocentrico, capace solo di amare se stesso, ognuno ne è coinvolto.
Gesù ci chiede una rivoluzione d’amore: prendere la propria croce (Mt 16,21-27), non schifarsi del male, ma camminare dietro lui con i malfattori. Gesù ci chiede di provocare il miracolo della comunione.
Il discorso che Gesù offre ai suoi discepoli parte da un presupposto che elimina qualsiasi desiderio di estraneità: il colpevole è chiamato “fratello”. Da questo punto di partenza è delineato un percorso progressivo per mantenere il fratello nella comunione. |
va’ e ammoniscilo fra te e lui solo |
Prima ancora della ammonizione c’è l’invito ad andare. La prima manifestazione d’amore è il farsi prossimo; come premessa a qualsiasi invito alla correzione c’è la manifestazione della esigenza di comunione. Il farsi prossimo libera dalla prevaricazione, dalla esasperazione dei ruoli, dal peccato della presunzione, mentre sottolinea la riservatezza e l’assunzione di una responsabilità personale. Quello però che condiziona ogni azione di correzione è indicato in modo esplicito: avrai guadagnato il tuo fratello. Se non si prevede di guadagnare il fratello, se viene il dubbio di provocare umiliazione o indignazione meglio è lasciare.
Il secondo passo è il coinvolgimento di alcuni testimoni (Dt 19,15 parla di uomini giusti davanti al Signore). Proprio la giustizia e la fraternità espressa dalle persone coinvolte dovrebbe mettere chi ha peccato davanti alle proprie responsabilità non perché giudicato ma perché è amato.
Il terzo passo è l’interessamento della comunità il cui coinvolgimento dovrebbe esprimere maggiormente il senso della appartenenza; non soltanto, infatti è sicuramente presupposto che la comunità coinvolta, proprio perché deve parlare ed essere ascoltata, sia univoca e condivida la problematica posta. Ancora una volta Gesù chiede di raggiungere la comunione con colui che ha peccato per mezzo della comunione che si manifesta in colui che corregge, i testimoni e la comunità. |
se non ascolterà neanche la comunità |
Le relazioni umane sono sempre delicate, a volte fragili, possono essere approfondite come fraintese. Relazioni autentiche rafforzano interiormente, rassicurano, confermano, rasserenano, ma possono provocare incomprensioni, durezze, ferite: ci si può chiudere, ferire ma anche trovare chiusure e ricevere ferite; nel bene e nel male c’è reciprocità. Non è sempre facile ridare fiducia dopo aver subito delle ferite, come non è semplice chiedere perdono per le sofferenze che sono state inflitte. Se la strategia di correzione non ha funzionato, vuol dire che chi ha peccato si è sentito attaccato e non accettato, non ha riscoperto la bellezza della comunione, forse ha sbagliato chi ha promosso la correzione che non ha amato a sufficienza.
Dunque cosa significa sia per te come il pagano e il pubblicano? Note e commentari suggeriscono un atteggiamento di estraneità nei confronti di colui che è in colpa e non ha ascoltato. Gesù però non lo ha detto esplicitamente ma ha voluto assimilare il colpevole irredento ai pagani e pubblicani. Allora dobbiamo domandarci chi sono i pagani e i pubblicani per Gesù. Il Signore è amico dei pubblicani e dei peccatori (Mt 11,19), mangia con loro (Mt 9,11), i pubblicani con le prostitute passano avanti nel regno di Dio perché capaci di conversione e di fede (Mt 21,32), Matteo stesso è un pubblicano (Mt 10,3). Sembra proprio che Gesù chieda ai suoi discepoli di inserire i colpevoli in una categoria “protetta”, bisognosa di maggior cura, di un supplemento di amore e comunione.
Anzi proprio le membra del corpo che sembrano più deboli sono le più necessarie e le parti del corpo che riteniamo meno onorevoli le circondiamo di maggiore rispetto (1 Cor 12,22-23). |